Cinque punte ha una stella. E cinque dita ha il pugno che si stringe per denunciare un'ingiustizia, l’ira.
Anche loro sono cinque.
I cinque.
Però nel momento di doversi sedere sul banco degli imputati, accusati dal nemico, hanno deciso di essere una sola cosa: Cuba.



LA STORIA DEI CINQUE

IL CASO DEI CINQUE CUBANI




Dopo decenni di attacchi contro l’isola di Cuba (incendi dolosi, sabotaggi, assassinii, e l’uso di armi biologiche) perpetrati da gruppi terroristici anticubani del sud della Florida, con l’appoggio ed il consenso del governo degli Stati Uniti, e dopo reiterati rifiuti da parte del governo nordamericano ad adottare misure per evitare tali violenze, un gruppo di uomini disarmati arrivarono negli Stati Uniti provenienti da Cuba per monitorare le attività dei mercenari responsabili di tali attacchi e le organizzazioni che li sostengono, ed avvertire Cuba delle loro intenzioni aggressive.


Il 12 settembre del 1998, cinque di questi uomini, noti successivamente come I Cinque Cubani, (Antonio Guerrero nato a Miami, Fernando González nato a La Avana, Gerardo Hernández nato a La Avana, Ramón Labañino nato a La Avana, René González nato a Chicago) furono arrestati nel Sud della Florida da agenti dell’FBI e tenuti in celle d’isolamento (dette hueco – buco - in spagnolo, per le loro dimensioni: 2 metri per 1 senza finestre) per 17 mesi, prima che il loro caso venisse portato davanti ad un tribunale.


All’inizio vennero incolpati con la vaga accusa di cospirazione al fine di spionaggio, che secondo la legge degli Stati Uniti presuppone un accordo per compiere azioni di spionaggio (la procura non li ha mai accusati di spionaggio reale, né ha mai affermato che vi fosse stato spionaggio reale, giacché non fu loro mai sequestrato alcun documento militare riservato). I Cinque hanno dovuto far fronte anche ad accuse minori per aver utilizzato nomi falsi e per non aver informato le autorità federali di lavorare in territorio nordamericano per conto di Cuba.


Sette mesi dopo si aggiunse un’altra accusa di cospirazione (ma questa volta per aver commesso un omicidio) a carico di uno dei Cinque, Gerardo Hernández. Questa imputazione era il risultato di una intensa campagna pubblica per vendicare l’abbattimento, da parte della Forza Aerea Cubana, di due aerei da turismo appartenenti ad un gruppo anticastrista “Hermanos al Rescate”, e la morte dei suoi 4 occupanti. Avvenimento questo, accaduto due anni prima (24 febbraio 1996), quando gli aeroplani si trovavano dentro lo spazio aereo cubano o stavano per uscirne. Questi velivoli da turismo, che appartenevano all’organizzazione “Hermanos al Rescate”, nei venti mesi precedenti all’abbattimento, avevano violato lo spazio aereo cubano per ben 26 volte e furono oggetto di reiterate proteste da parte del governo cubano. L’abbattimento ebbe luogo dopo l’avvertimento ufficiale delle autorità cubane al governo degli Stati Uniti, con cui si dichiarava che a partire da quel momento il loro spazio aereo sarebbe stato difeso.


Nonostante l’energica obiezione opposta dalla difesa, il caso venne portato in giudizio a Miami, Florida, comunità che accoglie oltre mezzo milione di esiliati cubani, con una lunga storia di ostilità verso il governo cubano.


Il processo durò sette mesi, con la testimonianza a favore dei Cinque di tre generali dell’esercito USA in pensione, di un ammiraglio anch’esso in pensione, dell’ex consigliere del Presidente Clinton per gli affari cubani.


Al termine del processo, quando già il caso stava per essere sottoposto alla considerazione dei giurati, la procura presentò un appello straordinario davanti all’istanza giudiziaria superiore per promuoverne l’intervento, in quanto si era reso conto di non essere riuscito a provare la principale accusa, cioè la cospirazione al fine di compiere assassinii, adducendo di avere di fronte un “ostacolo insuperabile” per vincere la causa. Ma la giuria respinse tale appello e riconobbe i Cinque, colpevoli di tutte le accuse rivolte loro, dopo essere stata sottoposta ad un’intensa pressione sia da parte dei mezzi d’informazione locali, le cui telecamere inseguirono i suoi membri fino alle loro autovetture per poter riprendere il numero delle targhe, sia da parte degli anticastristi che non cessavano di manifestare davanti alla Corte.


Le accuse di cospirazione ai fini di spionaggio e di cospirazione al fine di compiere assassinii comportarono per tre di loro la condanna all’ergastolo, diventando le prime persone negli Stati Uniti a subire questo tipo di pena per casi riferiti a spionaggio, malgrado la mancanza assoluta di prove che potessero dimostrare la sottrazione e trasmissione di un solo documento segreto.


Dopo la sentenza che condannava rispettivamente Antonio Guerrero ad 1 ergastolo e 10 anni di reclusione; Fernando González a 19 anni di reclusione; Gerardo Hernández a 2 ergastoli e 15 anni di reclusione; Ramón Labañino ad 1 ergastolo e 18 anni di reclusione e René González a 15 anni di reclusione, i Cinque vennero rinchiusi in cinque diverse carceri di massima sicurezza, totalmente separate una dall’altra e senza comunicazione alcuna tra loro.


L’appello iniziale durò più di 27 mesi per giungere alla conclusione il 9 agosto del 2005, con la decisione di una Corte formata da tre giudici della Corte d’Appello che revocò tutte le condanne, poiché ritenne che quei cinque uomini non avevavo ricevuto un giusto processo a Miami. Con un’azione insolita il governo statunitense chiese al plenum della Corte d’Appello dell’Undicesimo Circuito composto da dodici magistrati, di rivedere la decisione dei tre giudici, in un procedimento chiamato en banc. Esattamente un anno dopo, il 9 agosto del 2006, con una forte opinione divergente di due giudici, il plenum della Corte revocò a maggioranza la decisione dei tre giudici originari, e respinse la motivazione secondo cui un ambiente di violenza ed intimidazione dominava a Miami.


La Corte dell’Undicesimo Circuito rinviò il caso alla Corte formata dai tre giudici, affinché esaminasse gli altri aspetti dell’appello.


Nel frattempo, il 27 maggio del 2005, il Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite sulle Detenzioni Arbitrarie, dopo aver studiato gli argomenti presentati sia dalle famiglie dei Cinque sia dalla procura degli Stati Uniti, giunse alla determinazione che si stava violando l’art. 14 della Convenzione Internazionale sulle libertà Civili e Politiche, (i cui firmatari furono anche gli USA), che la privazione della loro libertà era arbitraria ed esortò il governo degli Stati Uniti a prendere le misure necessarie per correggere tale arbitrarietà.


Dalla sua creazione, questa è stata l’unica occasione in cui il Gruppo di Lavoro sulla Detenzione Arbitraria ha denunciato come arbitraria la privazione della libertà in un caso giudicato negli Stati Uniti per delle violazioni commesse durante lo svolgimento del processo.


Il 20 agosto del 2007 ebbe luogo presso la Corte dell’11° Circuito d’Appello di Atlanta, un’udienza fissata dai tre giudici assegnatari dell’Appello del caso, nel quale, come nelle due precedenti celebrate a marzo del 2004 e a febbraio del 2006, il governo degli Stati Uniti fu incapace di confutare gli argomenti della Difesa e fondare le sue accuse.


Da parte sua la Difesa dimostrò inequivocabilmente come la condotta impropria del PM statunitense durante tutto il corso del processo contro i Cinque fosse una flagrante violazione che incide sul caso per il modo in cui inventò reati mai provati nel processo, promosse un ambiente ostile, alterò le prove e manipolò la giuria.


La mancanza di prove a supporto delle due principali accuse (cospirazione ai fini di spionaggio e cospirazione al fine di compiere assassinii in primo grado) e l’imposizione di condanne all’ergastolo, completamente irrazionali ed ingiustificate, costituirono nel corso dell’intero processo d’Appello, un altro argomento chiave della Difesa per spiegare l’arbitrarietà del giudizio. Il PM riconobbe durante il processo che non poteva presentare un solo documento segreto per provare lo spionaggio e che si trovava di fronte “un ostacolo insuperabile” per provare l’accusa di assassinio.


Il 4 giugno del 2008 la Corte dei tre giudici emise la sua sentenza con cui ratificò il verdetto di colpevolezza dei Cinque; confermò le sentenze emesse per Gerardo Hernández e René González; annullò la sentenza di Antonio Guerrero, Fernando González e Ramón Labañino rimettendo i loro casi alla Corte del Distretto di Miami, affinché venissero nuovamente giudicati in udienza. La stessa giudice che presiedette il processo di 1º grado svoltosi a Miami, con un nuovo giudizio di ri-sentenza (alla fine del 2009) ridusse le pene di Antonio Guerrero a 21 anni, di Fernando González a 17 anni e 9 mesi, e di Ramón Labañino a 30 anni.


Il 2 settembre del 2008 il Plenum della Corte dell’11° Circuito d’Appello ratificò il giudizio dei tre giudici.


L’elemento significativo di tale decisione è che i giudici avevano riconosciuto in cinque occasioni diverse che non esisteva alcuna prova né della sottrazione né della trasmissione d’informazioni segrete o relative alla difesa nazionale nel caso dei tre accusati del reato di cospirazione ai fini di spionaggio.


D’altra parte, uno dei tre giudici della Corte, la Sig.ra Phyllis Kravitch, emise un giudizio discordante di 16 pagine in cui argomentò che non vi era prova alcuna a supporto dell’accusa di cospirazione per compiere assassinii.


Il 30 gennaio del 2009 il pool di difesa dei Cinque presentò l’istanza di certiorari alla Corte Suprema degli Stati Uniti, in cui si chiedeva di esaminare il caso.


Questa istanza è stata accompagnata da un totale di 12 documenti di amici della Corte (amicus curiae brief), che rappresenta il maggior numero di amicus che sia stato presentato alla Corte Suprema degli Stati Uniti per la revisione di un processo penale. Tali documenti di amici della Corte sono stati sottoscritti da 10 Premi Nobel, dall’ex Commissaria per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, dal plenum del Senato del Messico, oltre a centinaia di parlamentari di 9 Paesi e da organizzazioni dei Diritti Umani di tutto il mondo.


Il 5 giugno del 2009 la Corte Suprema degli Stati Uniti annunciò, senza ulteriori spiegazioni, la sua decisione di non riesaminare il caso dei Cinque cubani.


I giudici hanno così accolto la richiesta del governo degli Stati Uniti ed ignorato i solidi argomenti presentati dagli avvocati della Difesa di fronte alle evidenti e molteplici violazioni legali commesse durante tutto il processo. Ignorando inoltre l’universale appoggio a tale istanza, espresso con una cifra senza precedenti di documenti di “amici della Corte”, tra cui 10 premi Nobel, centinaia di parlamentari e numerose organizzazioni di giuristi internazionali e nordamericane, oltre che di eminenti personalità politiche ed accademiche

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